LA LUCE CHE APRE GLI OCCHI

  • 14 Novembre 2014

Il seguente racconto è frutto della fantasia personale… 

“Lasciami stare!” – “Hai paura, pivello?” Rispondeva Claudio, un ragazzino alto, robusto, con un grande ciuffo davanti agli occhi. Si trovava nel pieno di una delle sue infinite liti con i ragazzi del liceo accanto; dove lui assumeva sempre la parte del bullo, il cattivo. Spesso le liti continuavano, fino a raggiungere il massimo: il punto in cui l’altro gli dava ragione e si allontanava senza dire l’ultima parola. Ma questa volta era diverso. Stava per finire il suo discorso cacciando un pesante insulto alla sua vittima e all’improvviso si voltò, come chiamato da qualcuno che aveva la forza di interromperlo sul più bello. Restò impietrito, quasi paralizzato, poi inebetito, proseguì la strada in direzione del suo sguardo  e non si voltò nemmeno per osservare la faccia sorpresa del ragazzo che aveva molestato poco prima. Il giorno seguente la sua compagnia, come era solita fare, decise di “tagliare” la scuola. Claudio non si sentiva molto bene quella mattina. Un fastidiosissimo mal di orecchie gli tormentava la testa, tanto da non permettergli di seguire i suoi amici. “Resto a casa oggi, mi sento il vento nelle orecchie; spero che se ne vada prima che mi si spacchi la testa!” disse frastornato il ragazzo. Ma dopo la telefonata le sue orecchie si stavano tranquillizzando, come se il vento si fosse calmato. Claudio rimase a casa, nel suo letto morbido e innocente. Il giorno dopo il ragazzo era già in piena forma, pronto ad aspettare i suoi amici sul balconcino della scuola, passando il tempo fumando una sigaretta. Era forse segnato nel destino, dopo poco tempo quel fastidioso mal di orecchie ricomparve; non solo con un leggero fruscio, ma si trasformò in un insopportabile e continuo dolore, che non permetteva a Claudio nemmeno di camminare. Fu costretto così a recarsi in ospedale con urgenza. Claudio era impaziente e il dover restare nella sala d’aspetto per ore lo distruggeva. Non cessava di urlare, insultare i dottori che gli passavano davanti tutti di corsa come se non avessero tempo per visitarlo. Ma all’improvviso ci fu un silenzio, una lunga pausa, che subito venne interrotta da una vocina intenta a canticchiare. Davanti al ragazzo, seduta su una sedia a rotelle, cantava una bambina pressappoco di dieci anni. Teneva un cappello sulla testa come per nascondere una triste realtà e gli occhi le brillavano nel viso, due occhi pieni di luce intenti a trasmettere amore. Un amore vero. Claudio si sedette, una lacrima gli percorse la guancia fino a scivolare nel vuoto. Si stava rendendo conto che aveva sprecato diciotto anni di vita, che non avrebbe mai più potuto recuperare. Allora iniziò a cantare, seguendo le parole della ragazzina e man mano che queste gli uscivano dalla bocca, le sue orecchie si calmavano. Quel dolore che per tanto tempo gli aveva tormentato la vita ora non esisteva più. Era la voce di Dio che, in qualche modo, cercava di insegnargli ad amare la vita. E non solo c’era riuscito, ma le orecchie di Claudio, che dapprima percepivano un insopportabile male, ora erano in grado di ascoltare gli altri. Claudio entrò in un’ associazione di volontariato intenta a portare una parola di conforto ai bambini malati.

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